Processo
"McLibel"
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Il processo McLibel si rifà alla citazione in giudizio per diffamazione (Libel in inglese) che McDonald's esegue nei confronti di alcuni membri di un gruppo londinese di anarchici "London Greenpeace" che nei mesi precedenti al settembre '90 (data della citazione) aveva distribuito un volantino (un pamphlet di sei pagine) con accuse alla McDonald's su molti temi. Le leggi sulla diffamazione in Inghilterra sono molto complicate, ma la cosa più importante è che spetta al presunto diffamatore, dimostrare che le sue affermazioni sono ragionevoli e non diffamatorie, utilizzando però solo fonti primarie, cioè testimoni e documenti ufficiali. Tutto ciò vuol dire un processo lungo e sicuramente costoso, soprattutto per il lavoro di preparazione che richiede, alcuni degli accusati si chiamano fuori, ma Helen Steel e Dave Morris decidono di non scusarsi e di andare fino in fondo. Il processo inizia il 28 giugno 1994 e il numero di testimoni chiamati, circa 170, fa intravedere un iter lungo e faticoso. McDonald's presenterà gran parte dei suoi dirigenti e consulenti della società U.K. ed alcuni USA, tutti tesi a dimostrare la volontà diffamatrice del contenuto del volantone. Morris e Steel devono dimostrare che le affermazioni contenute nel volantone sono veritiere e non sono campate in aria. Gli argomenti oggetto del processo sono la qualità dei cibi venduti (panini e hamburger), le modalità di allevamento degli animali, la responsabilità diretta delle opere di deforestazione in Sudamerica, il comportamento nei confronti dei dipendenti. Il processo dura 313 giorni, il più lungo mai celebrato in una corte di giustizia inglese. Lo scontro è forte, da una parte una schiera di avvocati (della McDonald's) con testimoni di alto profilo, dall'altra un solo avvocato ed i sue accusati che si difendono attaccando e contestando a volte con successo le dichiarazioni dell'avversario. Al termine del giudizio, il giudice stabilisce che McDonald's non è responsabile della deforestazione dell'Amazzonia, nè delle cartacce che produce tuttavia trova che " Pubblicità, promozioni e materiale promozionale che pretendono che il cibo della McDonald's, ad alta densità di grassi e di grassi saturi, cibo animale, sodio, e allo stesso tempo scarsi di fibre, non coincidono con la pretesa di un beneficio nutrizionale" aggiunge inoltre che "... Il pungolo del volantino che accusava la McDonald's di sfruttare i bambini usandoli, come soggetto più influenzabile dalla pubblicità, a premere sui loro parenti per farsi portare da McDonald's è giustificata. E' vera". Queste affermazioni fanno esplodere i giornali che titolano il giorno dopo: "la McDonald's sfrutta i bambini" . Il giudice riconosce anche la responsabilità di McDonald's nei confronti dell'allevamento degli animali con pratiche definite crudeli. Infine sulle condizioni di lavoro, nonostante abbia evidenziato una serie di situazioni non ottimali, (orario di lavoro lungo, intervalli insufficienti, management autocratico.. ) non considera "cattive" le condizioni di lavoro per i lavoratori dei ristoranti. In sostanza il processo è vinto dai due contestatori accusati di diffamazione, e stabilisce che il contenuto del volantone è in gran parte veritiero e che McDonald's è responsabile direttamente di una grande parte dei comportamenti in esso contestati.
Per chi volesse saperne di più fare riferimento al sito www.mcspotlight.org ed al libro "Cos'è che non va da McDonald's ?" del collettivo Malatempora, il testo del volantone tradotto in italiano si trova al sito www.tmcrew.org/mcd/. |