MacNudo di Luther Blissett e Cyrano Autogestito, Casa editrice Stampa Alternativa |
VI Succede solo da McDonald’s ? Mc Donald’s non deve essere però preso come unico, grande nemico. Esso è piuttosto un simbolo, un’icona dell’antico sfruttamento che le multinazionali attuano spesso su uomo, natura, cultura. Qua sotto riportiamo un breve elenco d’altre multinazionali criticate globalmente per la loro politica particolarmente aggressiva, estratto da Kill a Multi n.1 (vedi il solito sito www.tmcrew.org) . Il funzionamento di queste multi è simile, con le dovute differenze di campo, a quello di McDonald’s. Al centro delle strategie di marketing, come sempre, i sondaggi di mercato, Freud al servizio dell’industria. A proposito, avete visto il sondaggio creato da McD ? Questo “fai da te” permette di risparmiare moltissimo sulle indagini di mercato… Nestlé: da anni vige contro d’essa un boicottaggio internazionale a causa del latte in polvere venduto ingannevolmente nei paesi del terzo mondo, che ha già causato centinaia di migliaia di morti per malnutrizione. A queste critiche si sono aggiunte da un paio d’anni quelle relative al presunto uso di sostanze geneticamente modificate (OGM). Il fatturato di questa multi è purtroppo in crescita esponenziale. Nike: Ma anche Reebok, e Adidas, sono accusate di essere le principali complici dello sfruttamento dei lavoratori, bambini compresi, in molti paesi del terzo mondo. Di queste multi se ne sono occupate saltuariamente anche i media; Repubblica del 24 dicembre 1999 riportava anche in prima pagina la notizia con tanto di foto della protesta a Giakarta (Indonesia) di ottomila operai Nike per un aumento di stipendio, attualmente inferiore alle 100000 lire mensili per 60 ore alla settimana tra colle e solventi, e per protestare contro il licenziamento di 43 operai “rei” d’aver chiesto alla fabbrica un trattamento corretto per gli operai in sciopero per il basso salario. Repubblica riporta anche la notizia dei precedenti Nike per l’uso di bambini – schiavi che lavoravano nelle aziende appaltatrici dei suoi prodotti. Più approfonditamente, L’Express (23-9-99), celebre settimanale francese, ha dedicato 5 pagine al duello commerciale Nike – Adidas, sottolineando come ambedue paghino gli stessi salari ai loro dipendenti indonesiani: la bellezza di circa 63000 lire mensili (molto meno quindi di quanto affermato da Repubblica), con Adidas che paga 1500 lire in più rispetto a Nike…Leggete l’etichetta: made in Tailandia, in Hong Kong, in China, in Philippines… paesi non del tutto casuali. Inoltre la Nike, assieme a McDonald’s, è la maggior promotrice dell’(anti)cultura del simbolo. Walt Disney: come già molti sanno, non è solo il tenero compagna dei più piccoli, l’inventore di Topolino e amici. Essa è una multinazionale con sedi in tutto il mondo che produce magliette, pupazzetti, videocassette e innumerevoli gadjets. Ha, guarda caso, ottime relazioni commerciali con McDonald’s (l’audience è simile); molti dei pupazzetti degli happy meal sono spesso i personaggi più in voga tra i più piccoli, sfornati dalle ultime produzioni cinematografiche Disney. La Disney ha poi un forte controllo massmediatico, essendo proprietaria di parecchie reti televisive. E’ inoltre accusata internazionalmente di finanziare il governo dittatoriale di Burma, col quale ha stretti legami economici (per maggiori informazioni, vedi il link Kill a Multi su www.tmcrew.org) Queste sono ovviamente le tre multi principalmente boicottate. Magari fossero solo queste; su Internet potrete trovare tutte le informazioni sulle altre multi che volete sapere. Andrebbero poi boicottate determinati prodotti in un determinato periodo storico; così s’è fatto con la Francia dei test nucleari, così si sta facendo con la Turchia sterminatrice di curdi, con l’Austria di Heider, con l’America della new economy, globalizzatrice e sempre più, scusateci il termine un po’ retrò, imperialista. Perché sempre più occorre essere consapevoli che non si possono criticare le ingiustizie di questo mondo di mercati, le “guerre umanitarie”, la distruzione impunita della natura e quant’altro finanziando poi tutto ciò con i nostri consumi quotidiani, col nostro immaginario bombardato di pensiero unico.
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